sabato 6 aprile 2013

Epifanìa

Sono da sola seduta sul divano di casa, della mia nuova casa, quella che con l'amore della mia vita abbiamo comprato il 19 Luglio 2012 e che è diventata vivibile ora, dopo tanti, tanti lavori. C'è silenzio, la tv è spenta e l'ora tarda accoglie solo la voce di un solitario cane che abbaia.
Oggi è stata una giornata un po' catartica...niente a che vedere col modo molto easy con cui eravamo entrati nella casetta che avevamo preso in affitto nel Settembre del 2011, quando avevamo deciso di andare a convivere.
Oggi, quando abbiamo deciso che sarebbe stato il giorno fatidico in cui saremmo rimasti a dormire qua, mi sono sentita dapprima euforica, per la grande, nuova avventura che sta per iniziare, ma poi, una volta che mia madre è uscita e ho messo nello stereo il nuovo Cd di Renato Zero, AMO, raccogliendo per casa le mie medicine da mettere in borsa, istantaneamente è passata nella mia testa l'immagine della mia mamma, mi sono sentita un groppo in gola e ho iniziato a piangere.
Ho pianto principalmente d'amore e di gratitudine, per tutto quello che ha fatto per me, per come mi ha riaccolta in questi nove mesi da profuga e per come, con tutti i piccoli gesti di ogni giorno,  mi ha dimostrato la sua gioia nello stare con me e quanto una mamma sarà sempre, eternamente felice, del ritorno a casa del suo Cucciolo, per poco o tanto che sia.
La sua dedizione nel prendersi cura di me è stata in mille cose e so già che gli esempi che avrò per sempre più nel cuore sono la tenerezza con cui spesso mi seguiva con tutte le mie pastiglie e il suo alzarsi sempre con me, solo per il piacere di prepararmi la colazione con un frutto sempre fresco.
Quando si vive con i genitori non appare così chiaro quanto l'altro, una volta che sei diventato adulto, apprezzi ancora la tua compagnia, ma il distacco aiuta, perchè ci si vede e ci si sente quando davvero lo si vuole.
Almeno, per me è così ed è giusto che lo sia.
Io, tornando a casa, ho visto con i miei occhi che un figlio potrebbe tornare al nido dieci, cento, mille volte e la sua mamma lo vorrebbe con la stessa identica naturalezza di quando ancora non se n'era mai andato e ora sono pronta a ripartire, sapendo che - come è stato per la prima volta - sentire il desiderio di cercare mia madre e di passare del tempo con lei solo e soltanto perchè lo desidero, è il valore aggiunto al nostro rapporto.
Vuol dire che abbiamo costruito qualcosa e qualcosa di bello, soprattutto, che non siamo vittime di sensi di colpa o del dovere.
Io gliel'ho detto chiaramente: "Tu sai che io non ti chiamerò tutti i giorni o non correrò qui appena ho un momento libero perchè tu sei da sola. Perchè il "Poverina", che troppe volte ha caratterizzato il mio modo di riferirmi in passato a mia madre, è un termine che veicola un senso di pena e che attribuisce all'altro il ruolo di inetto a vivere che non fa davvero per una donna tenace e coraggiosa come la mia mamma.
Il "poverina/o" toglie dignità alle persone.
So che mia madre mi ha capita al volo e concorda pienamente su tutta la linea. Penso che per una madre, quando una figlia è cresciuta, vedere che è riuscita a costruirsi una propria indipendenza psico-affettiva, sia un piacere e un motivo di tranquillità enorme. Forse il maggiore, insieme alla salute.

Stasera è il momento del timore, invece.
La casa è grande e nuova...ci sentiremo il calore che avevamo nei nostri 50mq scarsi?
Siamo stati tanto divisi, dopo aver vissuto insieme un anno...ci ritroveremo come coppia?Sentiremo il senso di "Tu sei la mia casa" che provavamo prima e quella splendida complicità che c'era tra noi?
Sono bruttina e malaticcia, con sintomi che vanno dal fastidioso all'imbarazzante e continuano a sfogarsi in quei punti su cui una ragazza dovrebbe brillare.
E se stasera, tornato da lavoro, gli aprissi la porta e guardandomi davvero per la prima volta l'incantesimo svanisse?
Eccolo. È arrivato.

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