giovedì 28 marzo 2013

Contro-sensi

Ieri ero in mensa con i bimbi di terza, avevo vicino Manuel e Gaja e avevo appena raccontato loro che per tutto il giorno non avrei potuto mangiare frutta e verdura perchè oggi avrei fatto la rettoscopia, quand'ecco che mi portano un piatto di zucchine trifolate che sembra la fine del mondo...non ce l'ho fatta e ho iniziato a piagnucolare con i bimbi per la prospettiva di dovermene privare.
Passa mezzo minuto e Manuel si mette a mangiare il suo secondo con il piatto sulle gambe e io gli dico di tirarlo su. Lui prova ad abbozzare un "No...io devo mangiare così...sono più comodo", quando interviene Gaja e mi dice: "No maestra, lui mangia così perchè non vuole che vedi che mangia le zucchine, visto che tu non le puoi mangiare."
Mi sono sentita sciogliere di amore, non è la prima volta che Manuel dimostra questa sensibilità.
Durante il periodo natalizio avevo proposto loro una canzone da cantare per la festa, chiedendo poi di metterla ai voti ed era stata bocciata da quasi tutti. Visto che lui non si esprimeva, l'avevo interpellato io e mi aveva detto: "È che mi dispiace che l'hai pensata tu per noi e nessuno ti dice che gli piace..."
Quanta sensibilità sprecata, da parte di un bambino che, nell'arco dello stesso pranzo, mi racconta di quando va a spaccare le finestre dei vicini con i sassi e scappa già dalla polizia...
Che poi mi chiedo: "Ma è sprecata davvero questa sensibilità? Come se una persona dovesse per forza essere o "tutta buona" o "tutta cattiva"...
Questi sono retaggi della mia educazione infantile, ma certo mi viene anche in mente Benigni, che in risposta alle lodi di Berlusconi verso Mussolini, fa chiaramente capire, a ragion veduta, che certe azioni ne oscurano altre e pesano più di queste ultime sul piatto della bilancia dei giudizi morali.
In Manuel c'è come uno scollamento tra dimensione affettiva e legalità: lui ama con forza, passione e gratitudine le persone della sua vita, che nel bene o nel male lo crescono ma rinnega il sistema di regole sociali in cui è inserito e non per presa posizione, ma perchè è la strada che è stata spianata per lui, è ciò che ha fatto da sempre la sua famiglia e che si aspettano da lui.
È destinato. È un piccolo mafioso.
L'ho capito ieri in mensa da come mi parlava: nessun rimorso nella voce, la consapevolezza che la propria strada non è quella che la maggior parte delle persone prende e lo sguardo di chi accetta il suo posto nel mondo con molto orgoglio.
Prosegue il pranzo e Gaja e Manuel mi raccontano delle loro mamme, che da bambine frequentavano questa stessa scuola e "facevano le biricchine", Manuel aggiunge "Sì, poi sono cresciute e le hanno fatte ancora di più"..."e mia mamma non capisce niente di un sacco di cose"..."e mia nonna mi ha insegnato tante cose della vita"...e possibile che un bambino così lucido nell'analizzare le situazioni della propria vita, possa accettare e sentirsi pronto per la chiamata della vita criminale?
"Io e un altro paio di teppistelli poco furbi..."..."io da grande divento un teppista"..."io sono così, che ci vuoi fare...sono un bullo..."
Ma cosa deve dire e fare una maestra?
Affondo nell'incapacità di pensare ad un progetto educativo per lui.
Quando il ramo malato è la madre, è veramente quasi impossibile fare qualsiasi cosa.

Nessun commento:

Posta un commento