giovedì 17 gennaio 2013

Si stava meglio quando si stava peggio

Si stava meglio quando si stava peggio...

Che grandissima boiata!
Non sopporto chi si lancia in discorsi bucolici incoronati da questa assurdità e nemmeno sa di cosa sta blaterando!
Innanzitutto, mi potrebbero spiegare, i nostalgici di quest'era bucolica, a che periodo si riferiscono? Perchè non è esattamente chiaro...a quando le nostre nonne dovevano nascondere i soldati in casa e i nostri nonni andavano in guerra? D'accordo, può darsi che io non prenda in considerazione troppi momenti ed epoche storiche per poter affermare con sicurezza matematica che veramente non sia esistito un momento a cui ora potremmo voler ritornare, ma la questione è che addentrarsi in grandi analisi non è necessario, perchè il tipico estimatore di concetti aleatori e vaghi come questo non è colui che verte in stato d'indigenza, ma l'individuo di estrazione socioculturale media e, buon per lui, in grado di campare più che degnamente. E io, giuro, questo non lo posso tollerare!
La mia convinzione, poi, è che purtroppo questo genere di esternazione sia una variazione sul tema, più globale, del "Quanto tutto va male,  quanto tutto è difficile, quanto tutto è peggiorato!". La maggior parte dei miei contatti fb è dedito a questa pratica e dedica al lamento-critica-piagnisteo almeno un paio di aggiornamenti di stato alla settimana e io sono veramente stanca degli spergiuri contro l'intera categoria dei ferrotramvieri di chi sta aspettando un autobus che tarda e dell' indignazione di taluni alla vista dell'esiguo numero di sportelli aperti in posta!
Qui non si tratta di non poter osservare che qualcosa non funziona, ma di modulare le proprie reazioni utilizzando una scala di gradazione emotiva con uno spettro più ampio, in cui scrivere "Uffa questo treno che non arriva" anzichè "atm di merda, dovrebbe fallire e con lei tutti gli stronzi che ci lavorano" sia  un'opzione possibile, tanto quanto quella, altrettanto apprezzabile, di tacere e basta!
Il modo in cui ci esprimiamo sulla vita, i termini che adottiamo e che decidiamo di utilizzare nella comunicazione intrapsichica e in quella con gli altri, non sono privi di conseguenze; una volta radicati, essi connotano e modellano talmente tanto il nostro modo di percepire la natura degli eventi che viviamo da andare a costituire la trama del famoso filtro con cui guardiamo il mondo. A dire tutto questo non sono io ma la scienza neurolinguistica, che sulla rieducazione espressiva ha costituito interi percorsi riabilitativi per disturbi di origine psicologica. Per molti di noi, però, sono sicura che non servirebbe alcuna terapia, ma solo un po`di allenamento nell'ampliare la gamma di risposte che siamo soliti dare agli stimoli dell'ambiente, per liberarsi da tutta quella serie di tossine da micro nervosismi che ogni giorno accumuliamo in quantità!
Per ridimensionare i miei malumori io mi aiuto con qualche valido trucchetto, che ho visto funzionare bene per come sono fatta io: innanzitutto, ho elaborato nel tempo la tendenza a cercare gli stati di calma, perciò tutto ciò che si può risolvere con il "ma sì, chi se ne frega" viene archiviato così. Per i casi in cui potrei cadere nell'odio verso il mondo intero, cerco di guardare la situazione da un altro punto di vista...in questo l' aver fatto la cassiera mi aiuta molto! In  sei anni, infatti, ho visto centinaia di persone venire a prendersela con me e le mie colleghe per i motivi più disparati, senza che a nessuno di loro venisse in mente di fermarsi a pensare "Sarà veramente responsabilità loro se ci sono poche casse aperte, merce scaduta e pochi addetti nei reparti?". Sono stata così mortificata dal trattamento ingiusto di clienti egocentrici (e cafoni) che ho imparato l' antifona e ora sono orgogliosa di dire che mai sfogo i miei momenti di stanchezza e nervosismo su altre categorie di lavoratori o individui in generale! Il grande fratello (non ho idea di chi sia ma è molto potente perchè è in grado di pilotare gli umori di tutti!) ci vorrebbe tutti presi a farci la guerra l'uno con l'altro e non c'è niente di meglio che indurci ad alimentare i nostri piccoli malumori e a crederli responsabilità di qualcuno che, nell' ombra, trama alle nostre spalle, non lavorando e, quindi, arricchendosi a nostre spese. La verità, io credo, è invece che la maggior parte di noi faccia con sufficiente responsabilità almeno quanto è tenuto a fare e che ci sia più amor proprio e per i propri doveri di quanto vogliono farci credere!
Perciò smettiamo di farci la guerra, fin dalle piccole cose e soprattutto da quelle, chè sono più alla nostra portata. E boicottiamo i tg, che ci uccidono facendoci ammalare a poco a poco di pessimismo cronico! Che si sa, invecchia anche la pelle!  :-)

Ed infine, sopra a tutto, per i momenti più faticosi, la magia più grande, per me, cioè che più mi aiuta, è distogliere gli occhi interiori da me e posarli su chi soffre di più e ha dignità da vendere. Giuro che prendo forza da tanta forza...e quest'anno, oh amici, quest'anno non mi serve andare lontano! Tre dei miei bambini fanno un solo pasto al giorno, quello che ricevono a scuola. Lilian, che un giorno è scoppiato a piangere in classe perchè gli manca sua sorella che è andata a mendicare a Roma, Fabiano, che l'altro giorno ci ha chiesto se poteva portare a casa un coltello della mensa perchè la mamma non aveva i soldi per comprarlo...e Danielina, diversamente abile, così piccola che quando viene urtata cade tutta quanta nel cestino della spazzatura...così povera che a volte sotto i pantaloni ha direttamente il pannolino senza mutande...e così affamata che spazzola il piatto e passa l'intervallo a chiedere pezzetti di merenda ai compagni, più che altro con gli occhi, perchè non sa parlare.
Ma sorride sempre.

Ogni giorno, quando finisco di lavorare e aspetto la metro, non trovo nessuna buona ragione per lamentarmi o inveire.

Auguro a ciascuno di trovare le proprie strategie e i propri modi privilegiati per iniziare a dare il giusto peso ad ogni cosa ma non ho alcun dubbio sul fatto che farlo sia un sacrosanto dovere di ciascuno. Per rispetto di chi, col niente, vive un'intera vita piena di gratitudine.

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